II Surrealismo

 II surrealismo

Nel 1924 lo scrittore francese Andre Breton (1896-1966) pubblica il primo Manifesto del surrealismo, un documento che spiega con chiarezza e con abbondanza di esempi il si­gnificato del movimento: «SURREALISMO, s.m. Automatismo psichico puro mediante il quale ci si propone di esprimere sia verbal­mente, sia per iscritto o in altri modi, il fun­zionamento reale del pensiero; è il dettato del pensiero, con assenza di ogni controllo eser­citato dalla ragione, al di là di ogni preoccu­pazione estetica e morale».

Arte e libertà 

  Libertà dalla realtà e dal suo principio, sovversione della logica generata dalla realtà. Non un semplice istinto di ribellione, ma un programmatico rifiuto dell’intero orizzonte culturale occidentale muove i passi delle avanguardie più estreme della prima metà del Novecento. Quello di dadaisti e surrealisti è un rigetto profondo, cui le ansie di fuga in lontani universi esotici sono ormai estranee. La loro scelta, antibellicista e, almeno inizialmente, tangente all’ideologia marxista, è quella di rifondare l’Occidente su basi nuove e polemicamente alogiche: ciò comporta una totale destrutturazione dell’esistente.

Dadaismo e surrealismo hanno in comune il tema della libertà da ogni condizionamento; ma mentre il primo intende tale libertà soprattutto in senso negativo – come distruzione dell’eredità lasciata dalla cultura tradizionale -, il secondo compie un passo ulteriore, opponendo alla distruzione dadaista la possibilità di una ricostruzione.

 

Il surrealismo

è dunque il tentativo di espri­mere l’«io» inferiore in piena libertà, senza l’intervento della ragione che, mettendo in atto meccanismi inibitori, dovuti all’inse­gnamento che riceviamo fin dalla nascita, ci condiziona, obbligandoci a reprimere istinti e sentimenti, a nasconderli seppellendoli nel più profondo di noi stessi: ad apparire in­somma come la società costituita vuole che siamo.

Per raggiungere questa libertà occorre la­sciarsi guidare dall’inconscio, come accade nel sogno, quando le immagini si susseguono senza un legame apparente, rivelando la no­stra realtà recondita, molte volte ignota a noi stessi.

È il metodo della psicanalisi: e, del resto, Breton riconosce apertamente l’apporto fon­damentale delle scoperte di Sigmund Freud. Il surrealismo è dunque l’ultimo anello di una catena che ha la sua origine nella distinzione illuminista fra arte come frutto del senti­mento puro e scienza come frutto della spe­culazione intellettuale e che trova il suo prin­cipale sviluppo nell’età romantica, soprattutto in quegli artisti che si abbandonano al sogno – quando non addirittura all’incubo notturno -, a partire da Goya, Friedrich, Fùssli, Blake, per giungere a Klimt e perfino all’espressio­nismo e all’astrattismo, passando attraverso Moreau, Redon e, in genere, tutto il simbo­lismo, Böcklin, Munch, Klinger, senza di­menticare la purezza primitiva, candida, spontanea, incantata, della pittura naìve e quindi di Rousseau.

In altri termini è ancora la teoria romantica del «genio» che crea per ispirazione, che in­tuisce, che sente. Di qui l’esaltazione del­l’immaginazione e la comprensione della con­dizione del folle, che è ritenuto tale solo perché, vittima della propria fantasia, non os­serva certe norme comportamentali accettate dalle persone dette «normali».

Tuttavia il surrealismo è anche qualcosa di molto diverso. Non si limita a trascrivere pas­sivamente il sogno, non si esprime attraverso simboli, né è ingenuo. Cerca piuttosto di sco­prire il meccanismo con il quale opera l’in­conscio, mettendo a nudo il processo intimo, non soltanto durante il sonno, ma anche du­rante la veglia, mediante l’«automatismo psi­chico», lasciando cioè che un’idea segua l’altra senza la conseguenza logica del ragiona­mento consueto, ma automaticamente: una parola ne richiama alla mente un’altra com­pletamente diversa; cosi una forma, un co­lore, una luce ne suscitano altri in un con­catenamento inarrestabile.

Il dadaismo, che è il precursore più imme­diato del surrealismo, ha avuto il grande me­rito di distruggere la convenzionalità di tutto ciò che è stato stabilito da secoli di presunta civiltà, liberandone completamente l’uomo. Mutata la situazione, il surrealismo, ripren­dendo il tema della libertà totale da ogni con­dizionamento esteriore, intende opporre alla distruzione dadaista la ricostruzione, esal­tando l’interiorità dell’uomo.

Accanto al dadaismo, è fondamentale per la formazione del surrealismo la pittura di De Chirico. Anche la metafìsica vuole cogliere l’essenza intima della realtà al di là della sua apparenza sensibile, sciogliendo il singolo oggetto dai nessi logici che lo legano agli altri oggetti e al suo ambiente.

Il surrealismo è una delle poche avanguardie storiche che non si sia esaurita rapidamente ma che, anzi, abbia rivestito un ruolo primario nello svolgimento della pittura del Novecento, soprattutto per l’influenza decisiva che ha avuto su molte tendenze artistiche degli ul­timi decenni, come l’action painting ameri­cana e il conseguente espressionismo astratto, una delle correnti pittoriche fon­damentali della cultura artistica del Nove­cento.

 Fra i principali surrealisti ricordiamo (oltre a Marcel Duchamp e Hans Arp): Max Ernst, Joan Mirò, Man Ray, Andre Masson, Rene Magritte, Paul Delvaux, Yves Tanguy, Salvador Dalì, Frida Kahlo.

Non si tratta di un gruppo omogeneo ri­spondente a un unico programma: anzi, ognuno sviluppa il tema fondamentale se­condo la propria personalità, con divergenze anche profonde che si possono sintetizzare in almeno due filoni principali: quello che non si discosta dalle immagini derivanti dalla realtà quotidiana – anche se prive di coordinamento logico usuale, cosi come avviene nei sogni -e quello che invece giunge ai limiti delle forme astratte, non a seguito di un ragiona­mento costruttivo e organizzatore, ma per scelta istintiva, o meglio, volendo usare un’e­spressione surrealista, per scelta automatica.

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