II Razionalismo Architettonico

II Razionalismo

La ripresa dell’attività edilizia dopo il rallentamento dovuto alla Prima guerra mondiale ha posto i costruttori di fronte ad una situazione sociale, economica e tecnologica profondamente mutata. A causa del mutamento quantitativo e qualitativo dei suoi contenuti e del suo dinamismo funzionale, nonché del crescente sviluppo della meccanizzazione dei servizi e dei trasporti, la struttura della città non risponde più alle esigenze sociali.

Oltre che liberarsi di tutto ciò che intralcia o ritarda il suo funzionamento, la città deve tener conto della classe operaia che, cosciente di aver contribuito più di ogni altra allo sforzo bellico, è ormai la componente più forte della comunità urbana e non può essere più considerata alla stregua di uno strumento. In quest’ottica la città deve mutare sotto un aspetto fisiologico e psicologico: la città-fabbrica è insalubre e inoltre è un ambiente opprimente, psicologicamente alienante. In questo modo muta radicalmente la figura dell’architetto: prima che un costruttore, deve essere un urbanista, lo urbano. Gli da ora in poi si pongono il problema funzionale della città, sono i soli a condurre una libera e a giungere a risultati esteticamente validi.

 L’architettura moderna si è sviluppata in tutto il mondo secondo alcuni principi generali:

1 ) la priorità della pianificazione urbanistica sulla progettazione architettonica;

2) la massima economia nell’impiego del suolo;

3) la rigorosa razionalità delle forme architettoniche, intese come deduzioni logiche (effetti) da  esigenze obiettive (cause);

4) il ricorso sistematico alla tecnologia industriale, alla standardizzazione, alla prefabbricazione    in serie;

5) la concezione dell’architettura e della qualificata, come fattori condizionanti del progresso sociale e dell’educazione democratica della comunità. Nell’ambito di questa, che possiamo chiamare l’etica fondamentale o la deontologia dell’architettura moderna, si distinguono diverse impostazioni problematiche e diversi indirizzi, dipendenti dalle diverse situazioni oggettive, sociali e culturali. Si possono così distinguere:

1 ) un razionalismo formale, che ha il suo centro in e fa capo a Le Corbusier;

2) un razionalismo metodologico-didattico, che ha il suo centro in Germania nella Bauhaus, e fa capo a W.Gropius;

3) un razionalismo ideologico, quello del Costruttivismo sovietico;

4) un razionalismo formalistico, quello del Neo-plasticismo olandese;

5) un razionalismo empirico dei paesi scandinavi, che ha il suo massimo esponente in A.Aalto;

6) un razionalismo organico americano, con la personalità dominante di F.L.Wright.

 

Le Corbusier (1887-1965):

II fondamento del razionalismo di è cartesiano, lui stesso lo dichiara; il suo sviluppo è illuministico, alla Rousseau. L’orizzonte è il mondo, ma il centro della cultura mondiale rimane, per Le Corbusier, la Francia.

Egli sostiene che l’urbanista-architetto ha il dovere di procurare alla società una condizione naturale di esistenza, ma senza arrestare il suo sviluppo tecnologico, perché il destino naturale della società è il progresso.

troverà la formula, pitagorica: l’uomo misura tutto, la misura umana, il Modulor. L’edifìcio non disturberà l’aperta natura ponendosi come un blocco ermetico; la natura non si fermerà alla soglia, entrerà nella casa. Lo è continuo, la forma deve inserirsi, come lo spazio della civiltà, nello spazio della natura.

è stato pittore e ha lanciato il post-cubista del Purismo: la concezione dello continuo, inseparabile dalle cose che avvolge, attraversa, compenetra, deriva appunto dal Cubismo. Non è astrazione né formalismo: la costruzione ideale dello spazio diventa la costruzione materiale dell’edifìcio. La casa come volume librato su pilastri, in modo che sotto si circoli senza che il movimento della città venga interrotto dai blocchi massicci delle costruzioni; gli appartamenti non sono stratificati, ma incastrati l’uno con l’altro a livelli multipli; la natura entra nella costruzione con dei giardini sulle terrazze.

W. Gropius (1883-1969)

Alla fine della Prima guerra mondiale la Germania, sconfitta, è in una condizione politica, sociale, economica tragica. Gli intellettuali chiedono e compiono una rigorosa autocritica della società ed anche della cultura tedesca.

Il funzionalismo architettonico tedesco nasce dall’Espressionismo del Gruppo di Novembre (1918). Gropius fonda e dirige una scuola: la Bauhaus. E’ stata una scuola democratica nel vero senso del termine, la prima del mondo. Bauhaus significa “casa della costruzione”; perché una scuola democratica è una scuola di costruzione? Perché la forma della società è la città, e costruendo la città la società costruisce se stessa. Al vertice di tutto sta, dunque, l’urbanistica, perché ogni azione educativa educa a fare la città ed a vivere da cittadini, civilmente. Tutto ciò che serve alla vita condiziona; e poiché tutto è o sarà prodotto dall’industria, tutto si riduce a per l’industria: il piano regolatore di una grande città è il industriale. Gropius sostiene che la città non è fatta di contenitori di funzioni, la fabbrica non è un capannone dove si lavora, la scuola non è una casa dove si insegna, il teatro non è un edifìcio dove ci si diverte. E’ il dinamismo della funzione che determina la forma degli edifìci. Dal problema dei contenuti funzionali si passa logicamente a quello della comunicazione. Anche nella città del passato gli edifici rappresentativi, i monumenti, significavano e comunicavano.

La società democratica non ha classi ma funzioni, tutte le funzioni sono egualmente necessarie; è tutta fatta di comunicazioni, ma le comunicazioni non scendono dall’alto, circolano. La concezione della città come sistema di comunicazione è già presente nella teoria e nella didattica della Bauhaus. Tutto ciò che rientra nell’ambito immenso della comunicazione visiva è oggetto, nella Bauhaus, di analisi, di progettazione. Nella teoria e nella didattica della Bauhaus predomina la tendenza a geometrizzare le forme; ma non si tratta di un canone, come nel Purismo francese. La forma geometrica è, si potrebbe dire, una forma pre-­standardizzata, come di un segno a cui è possibile attribuire, mutando le circostanze, significati diversi. Nella progettazione dello industriale si vuole risolvere insieme il problema della strumentalità dell’edifìcio e quello delle condizioni igieniche e psicologiche del lavoro. Le grandi pareti vetrate annullano la separazione tra spazio estemo ed interno; le strutture portanti si riducono ad una successioni di piani ortogonali; l’edificio non è più una massa plastica, ma una costruzione geometrica di piani trasparenti nello spazio.

Lo spazio, per Gropius, non è nulla in sé: è pura, inqualificata, illimitata estensione. Comincia ad esistere, a delimitarsi, a prendere forma quando viene considerato come dimensione virtuale dell’agire ordinato, progettato, formativo di un gruppo sociale. L’elemento coesivo del gruppo sociale è un’affine condizione psicologica, un’analoga disposizione all’esperienza da compiere. lo significa l’esistenza, poiché l’esistenza che si progetta è esistenza sociale, anche la progettazione dev’essere attività sociale, di gruppo.

F.L.Wright  ( 1869-1959)

Per i maestri del razionalismo europeo il problema centrale era urbanistico: integrare il proletariato industriale nella comunità urbana. Non bastava dargli abitazioni decenti: affinché non rimanesse nei ghetti bisognava riformare l’intera struttura della città e della società stessa, trasformando in unità funzionale l’antica stratificazione per classi. La situazione americana era diversa. Non c’era un’antica, sedimentata stratificazioni per classi, c’era bensì la questione del sottoproletariato negro, ma non la si considerava una questione, tutt’al più una piaga sociale. Il problema dominante è di differenziare la cultura americana dall’europea. Wright afferma che l’architettura è pura creazione: come tale non discende dalla storia, ma ne sovverte l’ordine, la contraddice, è anti-storia. Mentre l’architettura europea si prepara a portare alle ultime conseguenze lo storicismo romantico impegnando l’arte nelle lotte politiche in atto, Wright nega che esista una relazione tra l’arte e la storia, contesta il valore della storia come ordine dell’esperienza umana. Afferma cosi, implicitamente, come l’americano che non aveva sulle spalle il peso della storia, poteva fare un’arte pienamente creativa. Se l’arte è creazione, è come se nulla preesistesse: con quell’atto di forza io nasco al mondo. La grande innovazione di Wright nella storia dell’architettura è questa: per la prima volta l’architettura non è pensata come determinante di oggetti, bensì come atto di un soggetto. Nel primo ventennio della sua attività fino al 1910, fa leva sul ceto medio in cui individua la forza di spinta del progresso americano. E’ il periodo della Prairie Hauses e della Robie Hause del 1909. La casa non deve essere uno dato e rigidamente suddiviso, che condiziona l’esistenza; deve essere il tramite di un contatto con la realtà in cui ciascuno realizza se stesso. Conseguenze sul piano formale: eliminazione della “scatola” spaziale, riduzione delle determinanti formali alle orizzontali e verticali, all’incrocio di piani, pianta liberamente articolata, concentrazione delle forze portanti in un nucleo plastico interno, annullamento delle separazioni nette tra spazio esterno ed interno, raccordo dell’edificio all’ambiente naturale inteso come luogo determinato, sito. Il periodo dell’attività giapponese comporta l’assimilazione dell’antica architettura dell’Estremo Oriente. L’architettura giapponese è il segno di un’intesa intima, profonda, capillare tra uomo e natura. Wright ha concorso in modo decisivo a collegare la cultura artistica orientale all’occidentale. Ciò che lo colpisce è il carattere assolutamente aristocratico dell’architettura giapponese: l’esperienza che ne propone all’ dei pionieri è l’opposto di quella della barbara espressività negra, che i Fauves, gli espressionisti e Picasso, propongono alla raffinatissima cultura europea. L’approfondimento dell’arte e delle filosofie orientali ha avuto nello sviluppo di Wright due conseguenze essenziali: gli ispira il metodo di insegnamento che applicherà nella sua scuola di Taliesin, che è l’opposto di quella della Bauhaus; accresce il suo interesse per i più moderni procedimenti tecnologici che intende in sintonia con i ritmi accrescitivi della natura. Questo diventerà il principio fondamentale dell’architettura organica.

Appunti di Eleonora Belpassi  – classe 5^ D  a.s. 2008/2009 – tratti da “L’arte moderna 1770/1970” di G.C. Argan  editore Sansoni    – cap. sesto – L’epoca del funzionalismo –

3 pensieri su “II Razionalismo Architettonico

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