Kandinskij

Vasilij

 

«Solo dopo molti anni di paziente, […] di molti cauti tentativi per sviluppare l’efficacia delle forme pure, di viverle nella loro astrazione, […] arrivai alle forme di pittura con cui lavoro oggi e che – lo spero e lo voglio – si svilupperanno sempre più. E questo durò molto a lungo, finché trovai una risposta soddisfacente alla domanda: “Con che cosa sostituire l’Oggetto?”. (V. Kandinskij, 1913)II fondatore dell’ è unanimemente ritenuto il russo Vasilij Kandinskij (Mosca, 1866-Neuilly-sur-Seine, 1944).

Dopo gli studi di giurisprudenza, ai quali ha da tempo affiancato un vivo interesse per l’arte popolare russa, col suo ricco patrimonio di religiosità, e per la cultura primitiva, colpito dalle opere degli impressionisti giunte a Mosca, decide di trasferirsi a Monaco (1896) ed è, con lo svizzero Paul Klee, allievo del pittore secessionista monacense Franz von Stuck.

Il primo decennio del nuovo secolo lo vede letteralmente ammaliato dalla forza innovativa dello Jugendstil e della sua elegante semplicità, ma la ricerca dell’artista s’appunta anche sulla forza espressiva del colore e sulla schematizzazione di spazi, volumi e forme, come dettate sia dai fauvisti, sia dagli espressionisti di Dresda: il tutto senza abbandonare mai i temi della memoria della propria terra e della fiaba popolare, cosi poeticamente presenti nel bellissimo II cavaliere azzurro del 1903.

Kandinskij il cavaliere azzurro

Il cavaliere azzurro; 1903; olio su tela; 54,5×52 cm. Zurigo, collezione privata.

Sono soprattutto le opere del 1908-1910, realizzate al tempo della relazione con la pittrice berlinese Gabriele Münter, nel corso di alcuni soggiorni nel villaggio prealpino di Murnau, a evidenziare i debiti di nei confronti di Gauguin, e Matisse (colore) e di Cézanne (essenzialità compositiva). Il Paesaggio bavarese con chiesa segna già uno stato di crisi della figurazione, con quel blocco centrale nel quale chiazze e lingue di colore puro dissolvono l’immagine del reale senza decomporla-ricomporla secondo i procedimenti logici del cubismo, né riconducendola a una primigenia esuberanza espressiva fauvista, né deformandola per effetto della dolorosa inquietudine interiore kirchneriana.

Kandinskij paeseggio bavarese

Paesaggio bavarese con chiesa; 1908; olio su tela; 33×45 cm. Wuppertal (Germania), Heydt Museum.

 La mucca, di due anni posteriore, è ancora più ardita nella sintesi di volumi scandita soltanto dai rapporti fra il bianco e gli altri squillanti colori della tavolozza kandinskiana.

Kandinskij La mucca

La mucca; 1910; olio su tela; 105×95,5 cm. Monaco Stadtische Galerie im Lenbachhaus.

Nello stesso anno, il 1910, dipinge un acquerello che può essere considerato la prima opera astratta. Il dipinto, privo di titolo per evitare ogni riferimento a qualsiasi oggetto reale, esprime leggerezza, movimento, purezza, per la trasparenza dei colori distribuiti con libera fantasia sopra un fondo chiaro: esso appare chiaramente come una trasposizione di armonie e dissonanze percettive ed emotive.

Kandinskij senza titolo

Senza titolo; 1910; acquerello; 50×65 cm. Parigi, Musée National d’Art Moderne.

Nel 1911, insieme a Franz Marc, costituisce a Monaco il gruppo Der Blaue . Il nome ripete il titolo del visto in precedenza: un tema caro all’artista, che più volte lo riproporrà sino a farne una sorta di fil rouge della propria attività, ed al quale attribuisce un valore simbolico. Il cavaliere è il simbolo romantico dell’eroe puro che combatte contro le forze del male, galoppando instancabilmente da una terra all’altra, ovunque si invochi il suo aiuto; il cavallo, poi, ricorre spesso nei suoi scritti come ricordo di giochi e di sogni infantili.

Ancor più che per gli altri artisti d’avanguardia, i colori hanno enorme importanza simbolica per Kandinskij, soprattutto l’azzurro, per il suo potere di suscitare reazioni psicologiche: «La tendenza dell’azzurro all’approfondimento è tale che, nelle gradazioni più scure, esso diviene più intenso ed esercita un’azione interiore più tipica. Quanto più diventa profondo, tanto più invita l’uomo verso l’infinito, desta in lui il desiderio del puro e, infine, del sovrasensibile. È il colore del cielo, come ce lo rappresentiamo quando udiamo il suono della parola: cielo». Ogni colore, per Kandinskij, ha un valore evocativo e lirico: il giallo è caldo, il rosso è ardente, il verde è quieto, indifferente, e cosi via, con l’aggiunta importante delle forme geometriche in relazione ai colori: l’angolo acuto con il giallo, il quadrato e l’angolo retto con il rosso, il cerchio e l’angolo ottuso con il blu.

Nel 1912 escono il fondamentale trattato teorico di Kandinskij, Lo spirituale nell’arte, nel quale le basi dell’ sono già tutte poste in essere, e l’Almanacco del Cavaliere Azzurro, una raccolta di scritti sulla pittura, sulla letteratura, sulla musica, sul teatro, cui collaborano alcuni fra i principali esponenti dell’avanguardia culturale, poiché uno degli obiettivi prioritari del è l’unione di tutte le arti.

Vengono organizzate pure alcune mostre, finché, nel 1913, «II cavaliere azzurro» si scioglie e l’artista rientra in Russia, dove dal 1918 diviene professore nei Laboratori accademici di Stato e intreccia rapporti con suprematisti, costruttivisti e realisti quali Malevic, Tatlin e Pevsner. Tornerà in Germania nel 1921, dove si sta affermando la personalità di un altro grande astrattista, Paul Klee.

Anche sotto l’influenza di quest’ultimo, elabora negli anni Venti un linguaggio lirico progressivamente geometrizzante e comincia ad usare, coerentemente con le sue idee e con l’aspetto delle sue pitture, titoli che non fanno riferimento a un tema: Improvvisazioni, Composizioni, numerate progressivamente, sono definizioni generiche i come quelle della musica. La straordinaria, geniale, poetica modernità di queste opere sta nell’armonia determinata da forme e colori puri in una serie di accostamenti che abbandonano i due tipi di ordine precostituito propri del metodo compositivo classico – lo spazio e il ritmo – per inventare, letteralmente, forme in grado di tradurre un flusso psichico.

Studi sistematici sul significato dell’astrazione pura portano dunque ad una nuova idea di organicità della composizione pittorica, nella quale prevalgono forme geometriche quali innanzitutto il cerchio e, secondariamente, il triangolo. insiste spesso sui contenuti interiori che le forme devono comunicare: «Pur essendo la forma più semplice, [il cerchio] si afferma perentoriamente; è una forma precisa, ma variabile in modo inesauribile; stabile e instabile al tempo stesso, sommessa e forte; è una tensione che porta in sé infinite tensioni; è sintesi dei contrasti più grandi, unisce equilibratamente in una sola forma il concentrico e l’eccentrico». Il puro geometrismo del si completa con il colore che, disteso in campiture, conserva e intensifica di per se stesso – e mediante sovrapposizioni o accostamenti calcolatissimi – il magico potere suggestivo attribuitogli fin dall’epoca del simbolismo, depurato anzi da significati letterari e quindi tanto più valido dal punto di vista pittorico.

Intanto insegna al Bauhaus, la celebre scuola tedesca fondata da Walter Gropius, alla cui vita partecipa con il contributo eminente dei propri studi e della propria personalità, fino alla chiusura ordinata da Hitler nel 1933. Trasferitosi successivamente a Parigi, continuerà a lavorare con fervore, e qui morirà nel 1944.

Improvvisazione n. 26 (Remi)

 Nella Improvvisazione n. 26 (Remi) ha eliminato ogni riferimento, anche simbolico della realtà oggettiva. Le linee – che da ideogrammi della natura sono diventate ormai formule del repertorio della pittura “pura” – appaiono come tracce di improvvise scariche di energia, che interrompono la stabilità della forma curva, conferendo alla composizione e tensione spirituale. Ma l’elemento predominante è il colore: le macchie di giallo e rosso, colori caldi, tendono ad avvicinarsi allo spettatore, creando una zona di irraggiamento verso l’esterno; l’azzurro, che è invece un colore freddo, si allontana dall’esterno, definendo una zona di profondità. Il giallo abbaglia lo spettatore e insieme al rosso, lo coinvolge in sensazioni di stimolo e di eccitazione; l’azzurro, che sconfina nel blu e nel nero, immerge lo spettatore in una sensazione di quiete spirituale.

Con il colore dunque crea sulla superficie pittorica piana la dimensione della profondità e “mette in vibrazione” l’anima dello spettatore, coinvolgendolo in una serie di contrastanti impressioni spirituali che provengono direttamente dalla sua “natura interiore”.

sente una stretta analogia di sensazioni spirituali tra i suoni musicali e i colori. Le sue composizioni colorate ”risuonano“ anche nell’anima come composizioni musicali.

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Improvvisazione 26 (Remi) 1912 – Monaco, Städtische Galerie.

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