IL NEOIMPRESSIONISMO
Verso la trasfigurazione
della realtà
Le figure esotiche di Gauguin, i ritratti e i paesaggi di Van Gogh, la vita
dei caffè di Parigi di Toulouse-Lautrec: è ancora la realtà ad essere
rappresentata, ma i grandi artisti che animano l’arte di fine Ottocento
esprimono nei loro dipinti più se stessi e le proprie inquietudini che l’esatta
riproduzione di ciò che vedono. 11-colore puro, il singolo elemento della scena accostato agli altri, la nettezza del disegno o il contrasto, tra i toni sono gli strumenti con cui il pittore cerca di coinvolgere lo spettatore in una domanda sulmistero che si nasconde nelle cose e nelle persone.
L’impressionismo voleva essere un modo efficace per ripresentare il reale: ora si interroga sul suo significato.’^
«Se questi pittori, la cui denominazione più appropriata sarebbe quella di cromo-luminaristi, hanno scelto di chiamarsi neoimpressionisti; non è stato per ricercare il successo (gli impressionisti erano ancora tutt’altro che affermati), ma per rendere omaggio allo sforzo dei precursori di mettere in evidenza, sia pure nella diversità dei procedimenti, il fine comune: la luce e il colore.”
(P. Signac, 1899)
La volontà di andare oltre la rappresentazione oggettiva della realtà porta numerosi pittori postimpressionisti ad avvicinarsi al simbolismo, per molti aspetti contrapposto al naturalismo. Su questa strada si collocano artisti di grande valore come Gauguin e Van Gogh, Seurat e Toulouse-Lautrec, i quali tuttavia, pur presentando nelle loro opere motivi simbolisti, continuano ad assumere come elementi di base della raffigurazione la natura e l’uomo. Compiutamente simbolisti sono invece Redon e gli esponenti del gruppo dei Nabis.
• II puntinismo
Nel periodo successivo al 1880 gli artisti si pongono il problema di dare consistenza alla fugacità dell’impressione: Renoir cerca la soluzione nel disegno raffaellesco, Degas nella sintesi operata dalla memoria, Cézanne nella forza strutturale. In questo ambito si colloca la nascita del «puntinismo» o, come anche è stato chiamato, del «neoimpressionismo»
Georges Seurat
II più noto esponente del puntinismo è Georges Seurat (Parigi, i859-ivi, 1891), la cui breve vita è stata costantemente impegnata nella ricerca e nell’applicazione alla pittura di un metodo scientifico, presunto tale, che desse ordine razionale alle intuizioni impressioniste sull’importanza del rapporto luce/colore nella rappresentazione della realtà.
Già gli impressionisti, infatti, avevano constatato che non esiste il colore locale, perché ogni colore che noi vediamo nasce dall’influenza del suo vicino; ciascun colore dovrà perciò essere non mescolato ma accostato all’altro, soprattutto al suo complementare, ricevendone cosi un’esaltazione luminosa.
Seurat parte da questo punto. Ma ritiene che fino a quel momento si fossero seguiti più l’occhio e l’istinto che non una regola precisa e, facendosi forte della lettura di trattati scientifici sulla teoria del colore (particolarmente importanti in un’epoca in cui sembra che alla scienza non si possa porre più alcun limite), applica sistematicamente il metodo dell’accostamento sulla tela dei colori e dei loro complementari (il «contrasto simultaneo»), cosicché la fusione avvenga nella rètina dell’osservatore. I colori, anziché essere applicati come virgole, trattini, strisce di diversa misura, alla maniera degli impressionisti, dovranno assumere la forma di punti, da cui la voce francese pointillisme (tradotta goffamente in italiano «puntinismo» o «puntillismo»), mentre Seurat avrebbe preferito la parola «di-
visionismo», più esatta perché non è tanto la forma delle pennellate che interessa quanto la divisione dei colori. Nella convinzione di aver conferito all’arte la sicurezza della scienza, si definì «scientifico» questo secondo momento dell’impressionismo, chiamando «romantico» quello precedente.
«Seurat, primo tra i moderni della nuova generazione, è ossessionato dalla “grande composizione”. Accolta con un certo stupore dagli artisti, la Grande Jatte ha segnato una data decisiva non solo per il suo concetto singolare e i suoi buffi particolari, ma anche e soprattutto per il formato gigantesco e l’ambizione monumentale.))
(A. Chastel, 1972)
9,2 • Schema della sezione
aurea rilevata in Una
domenica pomerìggio all’Isola
della Grande Jatte,di Georges
Seurat.
Una domenica pomerìggio all’Isola della Grande Jatte, di Georges Seurat.
Fra le opere più note di Seurat si colloca la grande tela intitolata Una domenica pomeriggio all’isola della Grande Jatte. II tema è impressionista: la rappresentazione di un luogo nei dintorni di Parigi, sulla Senna, colmo di gitanti domenicali. Ma un impressionista avrebbe reso la mobilità delle per-
sone, dell’acqua e della luce. Seurat, invece, immobilizza tutto, le corse e i giochi dei bambini, i pescatori e coloro che passeggiano, immergendoli in una sorta di silenzio sovrumano, in un’atmosfera sospesa, astratta, priva di svolgimento temporale, ottenendo un risultato opposto a quello cui sarebbe pervenuto un impressionista, quasi volendo recuperare l’idealismo di un Piero della Francesca, le cui opere Seurat ammirava anche se le aveva conosciute soltanto attraverso copie. Ma, contrariamente a quelle del maestro rinascimentale, le immagini di Seurat, presentate esclusivamente di fronte, di spalle o di profilo, sono prive di volume e appaiono come ritagliate. E, malgrado l’impassibile serietà dei volti, compare qua e là una carica ironica che ridicolizza i compassati borghesi: per esempio nella veduta laterale che accentua in modo grottesco il pouf (o «sellino»), la curiosa imbottitura posteriore degli abiti femminili, tipica della moda fra il 1873 e il 1890, in corrispondenza inversa con la sporgenza anteriore del seno; o nella scimmietta, portata al guinzaglio come un comune cagnolino, in primo piano. Ogni elemento aneddotico o transitorio scompare però nel rigore costruttivo che conferisce alla scena una monumentalità adeguata alla stessa grandezza materiale del quadro. Tutto è accuratamente calcolato, non soltanto i rapporti reciproci dei colori giustapposti: la disposizione delle figure, concatenate fra loro secondo un ordine preciso, reso più evidente dalle lunghe ombre pomeridiane, cosi come i loro atteggiamenti. Si giunge perfino a dividere verticalmente la composizione in due zone uguali, indicando l’asse della cesura per mezzo della donna in posizione frontale che passeggia con una bambina, e collocando il punto mediano dei due gruppi principali (la coppia in piedi a destra e, a sinistra, l’uomo seduto accanto a un uomo semidisteso) secondo le norme della sezione aurea, ciascuno rispetto al proprio settore.
Le regole che Seurat si era imposto non gli apparivano un freno alla propria libertà espressiva, poiché, come diceva David Sutter, uno dei teorici studiati dal pittore, “la scienza libera da tutte le incertezze e permette di muoversi in assoluta libertà”, e perciò le regole, insite nelle leggi stesse della natura, “non ostacolano la spontaneità della creazione”. Alla creazione di quest’opera Seurat si era dedicato per due anni, compiendo una serie di studi preparatori ripresi direttamente all’isola della Grande Jatte ove si recava quotidianamente. La tela venne esposta per la prima volta alla mostra degli artisti indipendenti organizzata a Parigi nel 1886.
Paul Signac
La morte impedisce a Seurat di sviluppare ulteriormente il proprio metodo, che ha avuto larga risonanza e una vasta influenza sull’arte del Novecento ed è stato ripreso e analizzato da Paul Signac (Parigi, i863-ivi, 1935), autore di scritti teorici al riguardo. Questi ha dato talvolta alla propria opera accenti più vicini ai simbolisti, per quanto riguarda il significato sia del colore sia dell’andamento delle linee: «La dominante delle linee – scrive nel 1899 – sarà orizzontale per la calma, ascendente per la gioia, discendente per la tristezza”. Sono osservazioni legate agli indirizzi più attuali della cultura letteraria francese, che anche Seurat aveva formulato ma che Signac porta avanti.
Paul Signac, Ingresso al porto di Marsiglia; 1911; olio su tela;1,17×1,62 m. Parigi, Musée National d’Art Moderne.
Nei dipinti successivi al primo momento puntinista, comunque, Signac usa in maniera più libera la teoria dell’accostamento dei colori secondo il «contrasto simultaneo», per ottenere maggior luminosità, e impiega una pennellata più larga, a zone rettangolari o quadrate piuttosto che a piccoli punti, mentre il colore si fa più aggressivo. È quanto avviene nel dipinto Ingresso al porto di Marsiglia. Infatti, se confrontiamo questa composizione con Una domenica pomeriggio all’isola della Grande Jatte di Seurat ci accorgiamo della diversa tecnica esecutiva, che corrisponde a un’evoluzione nell’intenzione dell’artista. Piuttosto che cercare un modo più efficace per riprodurre esattamente la scena, Signac decide qui di affidarsi alla forza stessa dei colori contrastanti e al mistero che si sprigiona da essi. Vediamo certamente l’ingresso del porto e riconosciamo alcuni particolari (come la nazionalità delle bandiere che sventolano dagli alberi delle navi), ma è la pittura in sé, la pennellata in sé, il colore in sé a parlarci di un mondo dietro al mondo, a condurci in un’altra dimensione. Questa dimensione si trova dentro di noi: nell’occhio e nella mente di chi guarda e trasfigura la realtà, più che nella realtà stessa.