Paul Klee

Paul Klee

 “Quale artista non vorrebbe abitare là dove l’organo centrale del tempo e dello spazio- non importa se si chiami cervello o cuore – determina tutte le funzioni? Nel grembo della natura, nel fondo primitivo della creazione, dove è riposta la chiave segreta del tutto?”

(P. Klee, 1924)

Del resto, lo stesso Paul Klee (Munchenbuchsee, 1879-Muralto, 1940) non intende mai l’astrattismo come qualcosa di totalmente separato dalla realtà. Poiché noi ci formiamo vivendo immersi nel mondo che ci circonda, tutto ciò che sentiamo non può essere che la nostra reazione emotiva di fronte alla realtà: «Io sono astratto con qualche ricordo», dice Klee. Anche quando nelle sue opere sembrerà prevalere la libera invenzione, questa sarà determinata da spunti esterni, qua e là riconoscibili, pur se trasformati dalla memoria.

Klee, musicista come suo padre, sente, al pari di altri contemporanei, il significato musicale della pittura e perciò la sua funzione espressiva invece che rappresentativa.

Inizialmente è soprattutto un grafico ed evidenzia l’importanza della linea riempiendo molti fogli di disegni, ma intuisce presto le enormi possibilità del colore, che scopre finalmente, in tutta la sua evidenza, attraverso lo splendore della luce solare africana, durante un viaggio in Tunisia nel 1914; è a questo punto che può affermare: «Io e il colore siamo una cosa sola. Sono pittore». La sua vasta cultura visiva, che spazia dall’arte italiana (con particolare riferimento a Leonardo, Michelangelo e ai mosaici bizantini di Ravenna) alla frequentazione del gruppo del Blaue Reiter, gli fornisce una solida base su cui costruire il proprio mondo figurativo, mantenendosi tuttavia al di fuori da qualsiasi corrente organizzata.

La sua pittura è legata al reale, come dicevamo; ma il reale si trasforma: l’oggetto che egli ha visto gli suggerisce, per associazione, una forma nuova che non ne è la riproduzione, ma che nasce da dentro. Cosi, nella vasta intelaiatura prospettica di Strada principale e strade secondarie è riconoscibile anche un panorama fluviale, come pure la pezzatura dei campi fecondati da un grande antico fiume. Il quadro è nato infatti come ricordo del viaggio in Egitto compiuto da Klee fra il 1928 e il 1929.

Klee strada principale e strade secondarie

Strada principale e strade secondarie; 1929; olio su tela; 83×67 cm. Colonia, Wallraf-Richartz Museum.

 Il titolo è suggerito dalla convergenza prospettica delle linee rette più appariscenti e dal tracciato complesso delle altre linee, che formano una sorta di panorama visto a volo d’uccello e perciò mobile e trasformabile, rielaborato nella memoria, privo pertanto di riferimenti oggettivi. Ma il significato del quadro non è nel riconoscimento dello spunto (le strade); è piuttosto nell’accordo poetico dei campi di colore paralleli, più ampi o più stretti, costituenti una fitta trama, quasi un tessuto orientale che invita a percorrere itinerari visivi sempre diversi, sempre nuovi, infinite variazioni su un tema apparentemente uniforme: rettangoli trasversali colorati.

Klee, Singolarità di piante

Singolarità di piante; 1929; acquerello; 33×26 cm. Berna, Kunstmuseum.

Parallelamente si osservi come l’acquerello Singolarità di piante, pur nella riconoscibilità dell’elemento tematico, non sia però la copia di una pianta. È una forma liberamente inventata, con la ricchezza fantastica che troviamo anche in natura: nessuno potrebbe dire perché la natura abbia dato a un fiore una forma invece che un’altra; nessuno può chiedersi a che cosa somigli un fiore: è un fiore e nulla più, una forma accanto a tante altre forme che noi accettiamo come sono, ammirandone la bellezza senza porci domande. Cosi la pianta di Klee non è classificabile nelle specie esistenti: non somiglia a nessuna di quelle che vediamo ogni giorno. È stata inventata dal pittore, come la natura inventa quelle reali, e affida il suo significato alla sinuosità delle chiare linee concentriche che si propagano come un’onda, sul fondo marezzato ricco di varianti in un unico tono fondamentale.

La concezione figurativa di Klee è basata sulla convinzione che esista una profonda analogia fra la nascita del mondo, della natura, e la nascita di un’opera d’arte, il cui scopo sarebbe perciò quello di rendere manifesta tale genesi. Da qui la sensazione comunicata da alcune sue opere di essere di fronte a una «ricreazione» della natura operata dalla mente e dalla mano dell’artista. Egli stesso, a proposito del processo creativo artistico, fa l’esempio dell’albero, che non esisterebbe senza le sue radici, ma che è cosa ben diversa da esse. L’artista riceve dall’esterno il visibile e trasmette dall’interno l’invisibile.

Nel 1933 Paul Klee, dal 1931 docente del corso di tecnica della pittura a Düsseldorf, è costretto dai nazisti ad abbandonare la Germania e si ritira a Berna, in Svizzera. Nel 1937 viene allestita a Monaco una mostra dedicata all’«arte degenerata» nella quale un quadro di Klee viene usato come esempio dell’opera di una persona malata di mente.

Già nel 1933, comunque, un suo dipinto mostra chiaramente fin dal titolo – Cancellato dalla lista – la pressione degli avvenimenti politici, che l’artista avvertiva non solo sulla propria persona ma anche sulla situazione internazionale. La grossa croce nera tracciata sulla testa della figura, i colori opprimenti, spessi, il volto triste e rabbuiato, tutto concorre a esprimere la sconfitta della ragione da parte di forze oscure; qui il colore non ha più la qualità solare e lieve degli acquerelli tunisini, né ha la funzione di rendere visibile il mistero e il miracolo della creazione, ma diventa una coltre spessa che sembra quasi impedire ogni movimento, ogni nascita, togliendo alla realtà quella qualità «genetica» che era stata al centro della ricerca artistica di Klee.

Alla fine del 1935 Klee scopre di essere affetto da una grave malattia, che di lì a pochi anni lo porterà alla morte. Il pittore, che fin da giovane aveva meditato sul tema della morte, ne fa ora il soggetto di alcuni dipinti, tra cui II grigiore e la costa. In quest’opera, ancora una volta, la realtà è trasfigurata in una geografia immaginaria, dove alla morte viene sostituita la metafora del viaggio che ha come destinazione l’aldilà: un viaggio complesso, tortuoso, che tuttavia cela in sé la promessa di giungere più vicino al «cuore della creazione», come ebbe a dire egli stesso: «Più vicino del consueto al cuore della creazione, ma ancora non abbastanza vicino».

Klee, Il grigiore e la costa

II grigiore e la costa; 1938; colori a colla d’amido su iuta; 105×71 cm. Collezione privata.

Caratteristica che accomuna le ultime opere è la presenza di grossi tratti lineari, spesso di colore scuro (cui è stato dato il nome di «pseudo-grafemi») che costituiscono una sorta di linguaggio dal profondo valore espressivo: sono infatti solo accenni di figure riconoscibili, il cui carattere di abbozzi ne fa elementi «aperti», pronti a combinarsi fra loro per dare vita a immagini sempre nuove. È la ripresa di un tema già esplorato negli anni Venti: allora tuttavia la fonte di ispirazione erano soprattutto segni – lettere, geroglifici, numeri -, ora invece di questa medesima funzione sono investiti figure, animali, piante, astri.

Un altro elemento importante della produzione pittorica di questo periodo è l’attenzione per i materiali: Klee sperimenta soluzioni sempre più ardite, attribuendo valore compositivo alla stessa superficie pittorica, costituita di volta in volta da iuta, cotone, carte da imballaggio, cartoni, su cui vengono usati insieme colori di diversa natura, come pastelli, colori alla colla, talvolta acquerelli. A ciò si accompagna una vastissima produzione di disegni, come la serie degli Eidola («immaginette»), spesso ridotti all’essenzialità del semplice contorno.

Tutti questi elementi, ossia gli pseudo-grafemi, la preponderanza del disegno, l’essenzialità del tratto, compaiono insieme in un dipinto risalente all’anno della morte del pittore, il 1940, in cui trovano un’ulteriore corrispondenza formale nella stesura semplificata del colore e nelle linee di contorno ridotte all’essenziale. Il quadro costituisce una sorta di percorso a ritroso attraverso tutta l’opera di Klee, riletta anche alla luce delle esperienze cubista e metafisica. L’artista vi rende ancora una volta visibile l’immagine che sempre ossessionò il suo «occhio penetrante» di pittore: la visione del passato della natura, nel tentativo di ricostruirne la genesi perché fosse possibile leggerla in «controluce» nella rappresentazione pittorica.

Klee Senza titolo

Senza titolo (Natura morta); 1940; olio su tela; 100×80,5 cm. Collezione privata.

In basso a sinistra, tagliato dal bordo inferiore del quadro, c’è un foglio con un disegno di Klee raffigurante un angelo, soggetto che torna frequentemente nella produzione degli ultimi anni: si tratta dunque di un «quadro nel quadro», elemento che sembra confermare il particolare significato di questo dipinto, una summa dell’opera di Klee e, insieme, quasi il suo testamento figurativo.

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