Paul Cézanne

((La sua pittura parrebbe un paradosso: ricercare la realtà senza dimenticare la sensazione […] senza chiudere i contorni, senza circoscrivere il colore col disegno, senza comporre la prospettiva né il quadro. Ecco il ”suicidio” di Cézanne: che insegue la realtà e si nega gli strumenti per possederla. […] Ed è proprio da questo paradosso che nasce la grandezza della sua pittura, sulla quale sta scritto il titanico sforzo di conciliare due istanze opposte, ugualmente irrinunciabili.)) (M. Merleau-Ponty, 1948)

 

Paul Cézanne

Solitario, chiuso, riflessivo, anche Paul Cézanne (Aix-en-Provence, 1839-ivi, 1906) occupa una posizione differenziata rispetto a quella dell’impressionismo, al punto che talvolta la sua pittura sembra essere opposta a quella del movimento, ricercando, invece che la fugacità dell’impressione, la solidità costruttiva della forma.

Tuttavia, non soltanto Cézanne ha molti elementi in comune con l’impressionismo, ma anzi ne rappresenta uno degli aspetti più significativi.

Il punto di partenza è il medesimo: il contatto diretto con la natura e il superamento della rappresentazione di essa come qualcosa di immobile. Ma Cézanne non vuole riprodurre l’apparenza della natura, ma coglierne la sostanza.

È una concezione analoga a quella degli impressionisti: le impressioni, o, meglio, le «sensazioni» (come preferisce chiamarle Cézanne), sono il modo tutto personale del pittore di vedere la natura, di comprenderla, ossia di impadronirsene. La sintesi di queste sensazioni non è l’apparenza transitoria delle cose; ne è, al contrario, la sostanza: il quadro è il momento finale dell’elaborazione della realtà operata dal pittore.

Solo che, a differenza degli altri impressionisti, Cézanne ritiene di trovare la sintesi fra i vari aspetti della natura nella forma geometrica quando afferma che bisogna «trattare la natura per mezzo del cilindro, della sfera, del cono, il tutto messo in prospettiva», non vuol certo intendere che soltanto la forma geometrica è perfetta e che ad essa deve essere ricondotta la natura di per sé sempre irregolare secondo la concezione idealizzante neoplatonica del rinascimento fiorentino; non vuole risalire dal molteplice all’uno, dalla mobilità di tutte le cose all’immobilità dell’idea; vuole piuttosto superare la superficialità dell’occhiata gettata a caso sulla natura, per esprimere il significato che acquista la somma sintetica delle sensazioni, diventate comprensione profonda della natura e perciò durevole nella nostra coscienza come la forma geometrica. Per rendere la profondità della comprensione che rappresenta, gli necessita un linguaggio adeguato; egli lo trova nella solidità della forma con una lunga, rigorosa ricerca stilistica che dura tutta la vita: «Se la sensazione della natura […] è il fondamento di ogni concezione  artistica – scrive in vecchiaia -, tuttavia la conoscenza dei mezzi atti ad esprimere la nostra emozione è altrettanto essenziale»

La coerente continuità di questa ricerca costruttiva, che da a tutta l’opera di Cézanne

un carattere inconfondibile, toglie validità alla divisione in periodi successivi che si è cercato di imporre alla sua attività, anche se, come è naturale, essa è sottoposta a un  processo di maturazione cui contribuirono i contatti con gli ingegni più vivi dell’epoca dai letterati (primo fra tutti Émile Zola) ai pittori impressionisti, tra i quali il più vicino all’artista è forse Camille Pissarro.

Paul Cézanne

L’ultimo periodo e la Sainte-Victoire

All’ultimo periodo, chiamato «sintetico», appartengono alcuni capolavori come I giocatori di carte, un tema visitato più volte dall’artista nella tarda attività, variandone per lo più il numero dei partecipanti.

Nella reiterazione di questo soggetto non dobbiamo individuare né un particolare interesse dell’artista per la vita delle osterie, inteso in senso bozzettistico, per quel tanto di pittoresco che è insito nei soggetti più umili, ne un’indagine sociale. In Cézanne, come in tutti gli impressionisti, il tema non è che uno dei tanti che la realtà offre al nostro occhio e alla nostra coscienza, non è che uno spunto che deve essere superato nella coerenza del linguaggio con cui lo si esprime. Nell’opera, infatti, il rigore stilistico  è assoluto. I due giocatori, seduti ai lati di un tavolino, sono coordinati l’uno all’altro mediante la convergenza delle loro mani verso il centro, indicato dalla bottiglia di vino, in un rapporto reciproco di forme; quello di sinistra, comodamente appoggiato allo schienale della sedia, in attesa del gioco del collega, è più geometrizzato: busto, braccia, cappello, sono volumi; più mosso l’altro, nell’atteggiamento, nella camicia, nel vestito, nel cappelluccio, perché viene colto nella tensione che precede la scelta della carta da gettare sul tavolo. Ambedue sono costruiti con solidità – come il tavolo, come la stoffa che lo ricopre, come gli altri elementi scenici – mediante larghe zone di colore. Tutto è calcolato, tutto è equilibrato, cosi da raggiungere la calma sovrana propria di chi è riuscito a dominare con la forza della ragione l’accavallarsi delle sensazioni.

Nell’uomo di sinistra è riconoscibile il giardiniere di Cézanne ad Aix-en-Provence, il Pére Alexandre, al quale il pittore ha dedicato ritratti di profilo e di fronte, con l’immancabile pipetta in bocca. A proposito di quello frontale (che si trova a Londra, Home House Trustees) è stato detto: «Un contadino di Cézanne è individualizzato come un ritratto e universale come un’idea, solenne come un monumento, fermo come una coscienza morale». Abbiamo citato questo giudizio di un illustre studioso (Lionello Venturi) perché si adatta anche al dipinto I giocatori di carte.

 Cèzanne giocatori di carte

I giocatori di carte;  1890-1892;  olio su tela;  45×57 cm. Parigi, Musée d’Orsay.

 Nature Morte

La ricerca di Cézanne è sempre intensa, come vediamo nelle numerose nature morte. In una di queste l’imboccatura del vaso verde è inclinata in avanti, tanto da permetterci di guardarci dentro, mentre la parte sottostante è resa frontalmente. I colori e le forme, anche qui, catturano la nostra attenzione più degli oggetti. È quanto sentiamo osservando Natura morta con mele e pesche  mentre ascoltiamo le parole di Louis Le Bail, un artista che assistette alla preparazione di una delle composizioni aventi questo soggetto: «La tovaglia era sistemata sul tavolo con grande delicatezza, con gusto innato. Cézanne disponeva poi i frutti in modo che le tonalità contrastassero le une con le altre, che i colori complementari vibrassero, i verdi accanto ai rossi, i gialli accanto ai blu, inclinando, ruotando, equilibrando i frutti fino a trovare la posizione che voleva, usando allo scopo una o due monetine. Svolgeva questo compito con la massima cura e con grande cautela; si capiva che per lui era un piacere per gli occhi».

Cézanne natura morta con mele e pesche

Natura morta con mele e pesche; circa 1905; olio su tela; 81,2×100 cm. Washington, National Gallery of Art.

 Cézanne natura morta

Natura morta; 1893; Olio su tela; 65,5X81,5 cm. Los Angeles, J Paul Getty  Museum.

La montagna Sainte-Victoire

Ma il tema più frequentemente trattato da Cézanne negli ultimi anni è la Sainte-Victoire, la montagna di Aix-en-Provence, cosi familiare all’artista sin dall’infanzia, cosi cara e perdo posseduta interiormente, eppure vista con occhi ogni volta diversi, come sempre accade con do che si ama profondamente. Nella tela del 1904-1905, la piana, popolata di case, di alberi, di campi, si distende ampiamente, preparando lo sguardo alla salita verso l’alta cima del monte solitario. Volumi e spazio sono completamente rinnovati. I primi, invece che essere presentati nella disposizione prospettica tradizionale, con la convergenza dei lati verso il punto di fuga e diminuiti proporzionalmente in profondità, sono scomposti e, quanto più ci si allontana, distesi in superfici accostate. Lo spazio è realizzato mediante le ampie pennellate dei colori, più caldi i vicini, più freddi i lontani, fino a terminare nelle differenti tonalità degli azzurri, lungo i ripidi fianchi della montagna. «Cerco di rendere la prospettiva col solo mezzo del colore», diceva il pittore.

Cézanne muore lavorando, quando da pochi anni è iniziato il nuovo secolo. Ma la sua pittura, cosi grande e cosi difficile, è uno dei fondamenti dell’arte contemporanea. Non soltanto si rifanno a lui gli esponenti del cubismo, ma anche tutti quei pittori che cercheranno di dare ordine razionale alla molteplicità delle visioni offerte dalla natura, sia operando negli anni intermedi fra le due guerre mondiali, sia successivamente fino ai nostri giorni.

Pochi anni prima della sua morte, Cézanne veniva ancora criticato aspramente. La mostra postuma del 1907 ne rivelerà invece tutta la grandezza, soprattutto agli ingegni più eletti.

Cézanne montagna

La montagna Sainte-Victoire; 1904-1905; olio su tela; 63×83 cm. Zurigo, Kunsthaus.

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